Agli inizi di gennaio il consiglio comunale di Milano ha approvato un ordine del giorno presentato dal consigliere Marco Mazzei (ed altri 24 colleghi) per imporre il limite di velocità a 30 km/h in ambito urbano (zona 30). Milano si preparerebbe così, ad affrontare una vera e propria svolta per la mobilità cittadina, con l’obiettivo di arginare sempre più gli incidenti all’interno del proprio territorio urbano.
Ma cos’è la Zona 30?
Le Zone 30 in Italia sono state inizialmente denominate isole ambientali (aree con ridotti movimenti veicolari, da cui è escluso il traffico di transito “finalizzate al recupero della vivibilità degli spazi urbani”), sono state istituite nel 1995 dalle Direttive per la redazione dei Piani Urbani Territoriali (PUT). In tutta Europa si chiamano Zone 30, sono previste dal 1980 in Germania, dal 1989 in Svizzera, dal 1990 in Francia, dal 1992 in Gran Bretagna.
Nel 1996 è stato introdotto anche in Italia il segnale stradale specifico (zone a limitazione di velocità).
La città 30 km/h (da cui la Zona 30) è un modello di centro urbano totalmente nuovo, “disegnato”, venti anni fa, dall’urbanista svizzera Lydia Bonanomi nel saggio “Le temps des rues”.
Living street (strada viva)
Negli Stati Uniti si utilizza piuttosto il termine “living street” (strada vivente) intesa come una strada progettata pensando agli interessi di pedoni e ciclisti, fornendo spazi arricchenti ed esperienziali; le strade viventi fungono anche da spazi sociali, consentendo ai bambini di giocare incoraggiando interazioni sociali in sicurezza garantendo parità di accesso agli anziani e ai disabili. Al sud strade e piazze negli anni ‘70-’90, prima dell’avvento di internet, sono state da sempre utilizzate per attività ludiche creando forti interazioni sociali tra coetanei.
Queste “strade viventi” sono percorribili anche da veicoli a motore tuttavia, la progettazione ha come fine la riduzione sia della velocità veicolare, sia il predominio del trasporto motorizzato creando maggiori opportunità per il trasporto pubblico o dolce. Questi principi di progettazione stradale sono stati resi popolari per la prima volta nei Paesi Bassi negli anni ’70 e la parola olandese woonerf (lett. terreni residenziali) è spesso usata come sinonimo di strada vivente.
La strada vivente reinventa il ruolo della strada riconsiderando il suo scopo e a chi è destinata. Le strade viventi producono spazi più attraenti che promuovono la salute e il benessere del cittadino. Gli spazi creano coesione sociale all’interno di un quartiere e aumentano il senso di comunità rafforzando nel contempo l’identità culturale. Le strade viventi possono fungere da spazio ricreativo per il quartiere e migliorare la qualità dell’aria attraverso la riduzione delle emissioni di carbonio e di altri inquinanti atmosferici, nonché migliorare la quantità e la qualità dell’acqua. Le strade viventi possono anche prevenire l’erosione e le inondazioni attraverso infrastrutture verdi, gestione delle acque piovane e riutilizzo.
Zona 30
La Zona 30 ha iniziato a studiarla per prima la Germania investendo denaro tramite i Lander ed il governo federale; i comuni hanno potuto sperimentare liberamente le Zone 30 per un periodo di 5 anni, dal 1985 al 1989.
I risultati sono stati:
- la guida calma (slow) riduce rumore, inquinamento e consumi;
- a velocità ridotta la capacità delle strade è superiore (aumentando la velocità, aumenta anche la distanza tra i veicoli e le esigenze di spazio; in una strada di città con numerosi incroci, uscite, posteggi, passaggi pedonali, veicoli lenti e veloci, il flusso dei veicoli diventa sempre più irregolare con l’aumento della velocità);
- l’incremento di tempo di percorrenza (la perdita di tempo) è trascurabile;
- a velocità ridotta il bisogno di spazio è inferiore;
- si incrementano gli spazi disponibili (verde e parcheggi);
- in una strada con velocità moderata migliora la sicurezza dei pedoni (riducendo la velocità da 50 a 30 km/h lo spazio di frenata diminuisce di oltre la metà, è più facile evitare gli incidenti che coinvolgono gli utenti deboli della strada (bambini, anziani, ciclisti), gli automobilisti sono più disposti a fermarsi per dare precedenza ad un passaggio pedonale);
- un ambiente più vivibile potrebbe favorire la rinascita dei quartieri e del commercio di vicinato;
- la moderazione del traffico diminuisce numero e gravità degli incidenti stradali.
Parigi e zona 30
A Parigi, il traffico veicolare è limitato a 30 km/h dal 30 agosto 2021, ad eccezione della tangenziale, dei boulevards des Maréchaux e di alcuni assi principali.
Il 59% dei parigini è favorevole alla riduzione della velocità perché migliora la sicurezza stradale, la rumorosità, la condivisione dello spazio pubblico a vantaggio della mobilità dolce.
L’Italia e le zone 30
In Italia, tuttavia, la pianificazione della mobilità urbana vede contrapposte due tesi:
- la separazione dei flussi e la fluidificazione del traffico;
- la moderazione del traffico e la condivisione della strada come spazio pubblico.
La separazione dei flussi e la fluidificazione del traffico ha comportato un modello di progettazione delle strade, dividendole per corridoi (veicolare, per la sosta, per i marciapiedi o per il verde se c’è ancora) e prevedendo che pedoni e ciclisti dovessero interrompere il meno possibile il flusso del traffico. Da qui ad esempio la nascita delle numerose barriere e dei sovrappassi e sottopassi pedonali che tanti problemi hanno poi creato a livello di accessibilità e di percezione di insicurezza.
Lo spazio urbano costituito principalmente dalle strade è stato occupato dall’auto, basta vedere il tasso di motorizzazione in Italia (66 auto per 100 abitanti, secondo in Europa solo al Lusemburgo. Auto che rimane ferma il 92% del tempo ad occupare circa 10 mq di spazio pubblico, ecco perché è necessario disincentivare l’uso dell’auto privata a favore della mobilità attiva e dell’uso dei mezzi pubblici. Il modo migliore per convincere le persone a non usare la macchina è ridurre i parcheggi o applicare alla sosta tariffe più elevate contemporaneamente, la progressiva eliminazione degli stalli di sosta favorirebbe la realizzazione di marciapiedi più ampi, piste ciclabili, verde urbano, tavoli e sedute pubbliche, giochi per bambini e tanto altro ancora.
La mobilità sostenibile implica la gestione della sosta su strada nelle nostre città inoltre il 40% dei percorsi effettuati in auto nelle ncittà è inferiore a 3 Km, il 60% inferiore a 5 Km. Si usa l’auto quando sarebbe più efficiente e rapida spostarsi in bicicletta o addirittura a piedi.
Le conseguenze di tale uso eccessivo del veicolo privato sono evidenti nella congestione che caratterizza la gran parte delle città italiane nelle ore di punta.
Le conseguenze sono anche tragicamente visibili nei dati relativi alla sicurezza stradale. La maggior parte degli incidenti avviene su strade urbane, mentre gli incidenti mortali avvengono su strade extraurbane. I morti sono per l’83,3% uomini e per il 16,7% donne. Tra le cause, nel 39,7% dei casi, gli incidenti vengono provocati da distrazione, velocità troppo elevata e mancato rispetto delle precedenze.
Tutto ciò si traduce nella paura di muoversi a piedi e in bicicletta nelle nostre città, nel disincentivo alla mobilità attiva. Il rischio di essere coinvolti in un incidente stradale in bici incentiva addirittura l’uso dell’automobile.
In altro aspetto riguarda l’autonomia di spostamento dei bambini italiani, già molto limitata, che si è ulteriormente ridotta negli ultimi anni rispetto ai coetanei inglesi e tedeschi, con ricadute negative sia sul benessere sia sullo sviluppo psico-fisico. Vanno a scuola accompagnati da un adulto, più con l’automobile che con i mezzi pubblici. In Italia risulta estremamente basso infatti, anche l’uso del mezzo pubblico.
Non va poi dimenticato il costo economico-sociale annuo degli incidenti stradali pari a 15 miliardi di euro!
La seconda tesi riguarda invece la moderazione della velocità con l’obiettivo di condividere lo spazio (shared space) pubblico costituito dalla strada; lo spazio per eccellenza della vita sociale di una città. In pratica una progettazione in cui coesistano tutti gli utenti della strada (pedoni, ciclisti, automobilisti) con queste caratteristiche: bassa velocità, riduzione del traffico automobilistico, abbandono della progettazione “per corridoi”, zero barriere, libertà d’uso dello spazio, inserimento di nuove funzioni nello spazio pubblico.
In Italia, troppo spesso si realizzano piste ciclabili sui marciapiedi, sottraendo spazio ai pedoni e contribuendo a creare un conflitto tra gli utenti, invece di sottrarre spazio alle automobili redistribuendo equamente lo spazio stradale.
Sinceramente noi pensiamo che la limitazione della velocità non sia sufficiente a Milano in quanto le auto hanno invaso lo spazio urbano finendo parcheggiate finanche sui marciapiedi.
Anche le ciclovie pensate, sfruttando i fondi del PNRR, dovrebbero essere pensate in un’ottica integrata agli incroci non sottraendo solo lo spazio agli autoveicooli e concedendolo alle biciclette.
In città oramai il pedone risulta addirittura un ostacolo alla frenetica Milano; quando si attraversa la strada, anche sulle strisce pedonali sembra che le auto ti facciano un piacere, per non stenderti sull’asfalto.
Il comune di Milano dovrebbe promuovere la condivisione degli spazi con priorità al verde ed alla mobilità attiva.
La sedentarietà è uno dei principali fattori di rischio di numerose malattie croniche e per combatterla è fondamentale l’attività fisica. Il movimento promuove il benessere psicofisico, le relazioni sociali, protegge dallo stress, riduce il rischio di cadute, facilita il mantenimento di peso, aiuta la salute mentale e previene il declino cognitivo.
Le strade all’interno delle località sono luoghi di vita. Servono al transito di veicoli, ciclisti e pedoni, ma sono anche spazi per l’interazione sociale, il commercio, la sosta e lo svago di interi quartieri e paesi. La loro multifunzionalità è una ricchezza da promuovere.
Gli orientamenti in materia di sviluppo territoriale chiedono di promuovere uno sviluppo urbano di qualità, evitando la continua dispersione degli insediamenti e sostenendo la riqualificazione e la cura degli spazi pubblici. La legislazione ambientale impone il miglioramento della qualità dell’aria e la riduzione dell’inquinamento acustico. Analogo discorso va fatto in relazione al traffico e alla crescente saturazione delle arterie stradali. Non da ultimo, sono aumentate le esigenze e la sensibilità della popolazione in merito alla tutela del paesaggio e alla qualità di vita sia nelle città, sia nei paesi.
Alla base di un simile processo vi è la volontà di soddisfare i molteplici interessi, spesso discordanti, che convergono sullo spazio stradale: quelli della mobilità nelle sue varie forme, quelli dei residenti, dei commercianti, dei passanti, senza dimenticare le esigenze legate alla tutela dell’ambiente (aria e rumore) e alla qualità architettonica e urbanistica.
La concezione dello spazio stradale deve garantire e, se del caso, ristabilire un equilibrio tra questi interessi e bisogni. Si tratta di concepire uno spazio stradale unitario, fluido, sicuro e di qualità, dove tutti gli utenti della strada possano convivere in condizioni adeguate e attrattive. Gli obiettivi di questo fondamentale esercizio possono essere così riassunti:
- migliorare la funzionalità e l’attrattiva dello spazio stradale, favorendo la convivenza fra residenti, commercianti e passanti, la permeabilità dello spazio pubblico e la vivibilità del quartiere;
- migliorare la sicurezza (oggettiva e soggettiva) di tutti gli utenti della strada: pedoni, ciclisti, conducenti;
- migliorare il regolare esercizio dei trasporti pubblici e la fluidità del traffico individuale motorizzato;
- semplificare dove necessario i messaggi agli utenti della strada;
- ridurre le emissioni atmosferiche e foniche.
Nella progettazione dello spazio stradale occorre considerare alcuni fattori limitanti, in particolare:
- la capacità dell’asse nel rispetto della sua tipologia;
- la viabilità per le varie tipologie di veicoli, in particolare:
- la viabilità e l’incrocio dei veicoli pesanti;
- il transito dei veicoli di soccorso e di polizia, in particolare nelle situazioni di traffico fermo;
- il transito di eventuali trasporti eccezionali, limitatamente alle strade designate a questo scopo;
- l’esercizio e la stabilità di orario del trasporto pubblico;
- la manutenzione stradale, in particolare il servizio invernale;
- i costi dell’opera (costruzione e manutenzione).
A fronte di tali condizionamenti, seppur idonee ai fini della riqualificazione urbana e necessarie per la sicurezza stradale, occorre optare per quelle misure che arrechino minime restrizioni o perturbazioni alla viabilità stradale.
La concezione dello spazio stradale va sviluppato in fasi.
Il modello è indicativo e deve essere adattato di volta in volta al caso concreto. In alcune situazioni la raccolta dei dati necessari può essere molto avanzata e gli obiettivi già definiti. In altre sono magari già stati realizzati degli interventi e si vuole valutarne e ottimizzarne gli effetti.
In altre ancora, si presenta l’effettiva necessità di iniziare da zero la concezione di uno spazio stradale.